12 mag 2014

Cronache Ospedaliere - parte seconda


....segue

È trascorso un mese e mezzo. Mercoledì mattina la paziente magrebina viene ricoverata in attesa dalla prevista operazione alla cistifellea. Io e i miei colleghi di medicina e infermieristica ci rechiamo in reparto in tarda mattinata. Si tratta del secondo incontro di questo progetto ADE intercorso.

Ad accoglierci c'è una brillante tirocinante, simpatica e disponibile, che ci illustra modalità e tempi della colecistectomia che si terrà nel pomeriggio. Sollecitata dalla mia ignoranza in materia si profonde in informazioni; poi opta per spiegarsi tramite un disegno, degno di Picasso (cubista, appunto...)! Malgrado la mia ottusità riesce comunque nel suo intento di rendermi comprensibile la situazione. I colleghi di medicina e infermieristica provvedono poi a compensare via via le mie rimanenti lacune in materia.

Un medico, dal ruolo a me ignoto, interrompe la spiegazione irrompendo nella stanza e aggredendo la nostra tutor. Sembra che lei non avrebbe dovuto essere lì con noi, che passerà dei guai per questo e che noi dovremmo andarcene. Beh, questa è la sua versione. A noi però risulta che dovremmo essere proprio lì con lei, ragion per cui parteggiamo silenziosamente per la nostra eroina. Sia come sia, è lei ad uscire vittoriosa dalla contesa e ad accompagnarci dalla paziente.

La troviamo sveglia, un po' annoiata, tutto sommato tranquilla considerata l'attesa di un intervento chirurgico. Svolgo rapidamente il mio ruolo di valutazione dello stato d'ansia e ci accomiatiamo. Siamo stati avvertiti della data dell'operazione solo due giorni prima ed io ho purtroppo un importante impegno che non posso più rimandare. Perciò saluto i miei colleghi, dispiaciuto di non poter assistere all'operazione. Tuttavia, fortunatamente per me (un po' meno per loro che erano in attesa), l'operazione slitta al tardo pomeriggio. Vengo avvisato da un messaggio. Dopo un viaggio ai limiti del picaresco arrivo in sala operatoria esattamente un minuto primo dell'inizio.

La colecistectomia (rimozione della cistifellea, o colecisti, che dir si voglia) avviene in laparoscopia. Alla paziente, in anestesia totale, viene praticata una piccola incisione all'ombelico; poi viene introdotto del gas per creare dello spazio sufficiente all'operazione. A questo punto può entrare una piccola sonda/telecamera che proietta l'immagine a schermo. Tre ulteriori piccoli fori servono all'ingresso degli strumenti chirurgici veri e propri: inizia la magia.

Avevo naturalmente già sentito parlare di questa tecnica, l'avevo vista nei film, avevo letto qualcosa a riguardo. Assistere dal vivo è però tutt'altra cosa. Forse perché la narrazione - anche se scientifica - mantiene il sapore della fiction; la testimonianza ha invece quello dell'esperienza. Ripercorro mentalmente quello che so della ricerca scientifica e visualizzo tutto ciò: i decenni di ricerche, la somma delle piccole conoscenze, il progredire delle tecnologie. Tutto riassunto davanti a me in quello che viene affrontato dal personale medico come un intervento di routine.

Il chirurgo scherza con la sua equipe, illustra a noi quello che sta facendo e, naturalmente, opera. Lo fa con disinvoltura ed io non posso che pensare a quanto tempo e quanto impegno deve essergli costato raggiungere questa sicurezza di sé. Ho una punta d'invidia, ma più che altro il rimpianto di non avere assistito a ciò nella mia adolescenza: se fosse stato avrei fatto il chirurgo da grande!


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Oggi, lunedì, la paziente è tornata per la medicazione. L'operazione è andata bene, lei è un po' convalescente ma soddisfatta. Oramai familiari con il luogo ci rechiamo nell'ambulatorio in cui è iniziata questa esperienza. Il professore, elegante e gioviale come sempre, ha già iniziato le visite - tra non molto sarà il turno della nostra paziente. Nel frattempo ci fa entrare e ci presenta le sue collaboratrici, lì per un tirocinio internazionale: una ragazza svedese, una spagnola, due tedesche.

Nel susseguirsi delle visite l'atmosfera sembra quella di una piccola festa. Gli spazi sono angusti ed a noi si aggiungono, a turno, un'infermiera, un'altra dottoressa, i vari pazienti. Il professore si alterna tra la competente supervisione delle tirocinanti cui sono affidate le visite, e le informazioni turistico-culturali. Raccomanda - giustamente! - ad una ragazza tedesca di visitare Lucca; erudisce la svedese sulle origini del colore "rosso fiorentino". Nel mio piccolo, per non essere da meno, rispondo a domande su dove poter fare canottaggio a Firenze.

Una delle due ragazze tedesche si fa portavoce di una signora in attesa che, non so per quale disturbo, vorrebbe operarsi. Il professore non è d'accordo, ritiene che non ce ne sia la necessità e che un intervento chirurgico non andrebbe mai sottovalutato: pur piccolo che possa essere comporta sempre un margine di rischio. Se ce ne fosse stato bisogno un chirurgo che assume questa posizione si sarebbe guadagnato tutta la mia stima. Ma il professore l'aveva già ampiamente meritata.

Adesso rimane da convincere anche la paziente. Probabilmente vorrà comunque dei giorni di malattia da lavoro e - informa il professore le nostre ospiti teutoniche, risaputamene più ligie alle regole - "noi glieli diamo, siamo in un paese cattolico". Quanto al parlare con la paziente però sono proprio l'assertività e la dolcezza (antitesi solo apparente...) della nostra ospite tedesca a risultare perfette. Tocca a lei informarla, ed io vengo invitato dal professore ad assistere per constatare tale abilità. Niente da dire, la ragazza, oltre ad essere molto bella, è anche molto adatta al ruolo.

È il turno della nostra paziente. La medicazione è rapida e indolore; lunedì prossimo sarà il momento di toglierle i punti. Salutiamo e veniamo via. Sulla strada di casa un pensiero insiste nella mia mente: vi prego, adottatemi, voglio stare lì con voi!

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